Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

sabato 7 febbraio 2015

Kurdistan?

G. D. & T. L. 

[Pubblichiamo questo testo, apparso originariamente in francese sul sito DDT21 e tradotto a cura della nostra redazione, a mo' di integrazione del nostro «Questione curda», Stato Islamico, USA e dintorni]


In diverse regioni del mondo, i proletari sono condotti ad un'autodifesa che passa attraverso l'autorganizzazione [...]. Nel Rojava, l'autorganizzazione ha portato (o può portare) da una necessità di sopravvivenza a un rovesciamento dei rapporti sociali? 
[...] Dopo l'esplosione dell'Iraq in tre entità (sunnita, sciita e curda), la guerra civile ha liberato in Siria un territorio dove l'autonomia curda ha preso una forma nuova. Un'unione popolare (vale a dire transclassista) si è costituita per gestire questo territorio e difenderlo contro una minaccia militare: lo Stato Islamico ha funzionato come elemento di rottura. Nella resistenza si intrecciano antichi legami comunitari e nuovi movimenti, in particolare di donne, attraverso un'alleanza di fatto tra proletari e classi medie, con la «nazione» a fare da collante: dopo un soggiorno in Rojava alla fine del 2014, Janet Biehl, pur ritenendo che vi si stia sviluppando una rivoluzione, scrive che «la trasformazione che si svolge nel Rojava riposa in una certa misura su un'identità curda radicale e su una forte partecipazione delle classi medie che, a dispetto di un discorso radicale, mantengono sempre un certo interesse alla perpetuazione del capitale e dello Stato. 

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