Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

venerdì 13 gennaio 2012

Dalla Sinistra comunista alla «comunizzazione»

Gilles Dauvé

[Il testo che segue è stato pubblicato nel volume Gilles Dauvé [Jean Barrot], Le Roman de nos origines. Alle origini della critica radicale, A cura di Fabrizio Bernardi, Dino Erba, Antonio Pagliarone, Quaderni di Pagine Marxiste, Milano, 2010]

Un buon modo di approcciare i testi raccolti in questo volume è quello di vederli, anziché come una mera riflessione intorno a delle idee, come il prodotto di un’esperienza.
In due studi un tempo celebri, Kautsky e Lenin[1] – il secondo, riprendendo lo schema del primo – stabilivano quelle che per essi, erano le tre fonti del marxismo: l’economia politica inglese, la filosofia tedesca e il socialismo francese. L’idea centrale, comune a Kautsky e Lenin, era che il marxismo fosse nato non già dal seno della classe operaia, bensì dal genio di alcuni intellettuali di origine borghese: affinché un movimento socialista fosse possibile (si parlava poco di comunismo, prima del 1917), era necessario che la coscienza di classe venisse introdotta tra le masse lavoratrici dall’esterno, attraverso la mediazione di un partito. È soltanto sulla natura di quest’ultimo che Kautsky e Lenin divergevano.
Questa tesi è stata confutata abbastanza a fondo, e le sue implicazioni pratiche sono state sufficientemente studiate, affinché non vi si debba ritornare[2]. Ci limiteremo a sottolineare ciò che in essa vi è di fondamentalmente erroneo: inventare «il marxismo» significa ridurre una teoria a un corpo dottrinale; che questo sia poi destinato a essere volgarizzato dalla propaganda, non è che la conseguenza della separazione originariamente operata, tra le idee e la realtà sociale ad esse corrispondente.