Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

lunedì 19 dicembre 2011

Dal rifiuto del lavoro alla comunizzazione. "Théorie Communiste" e "Troploin"

[Prefazione a «Endnotes» n.1 – Materiali preliminari per un bilancio del XX secolo]
Questo primo numero di Endnotes raccoglie una serie di testi (in buona sostanza un confronto tra due gruppi comunisti francesi) inerenti le rivoluzioni del XX secolo. Come emerge dai testi stessi, la storia di queste rivoluzioni è stata una storia di fallimenti e di sconfitte; non solo in quanto esse furono schiacciate dalla controrivoluzione capitalista, ma perché le loro stesse «vittorie» finirono per assumere i contorni della controrivoluzione; instaurando sistemi sociali che ponevano a proprio fondamento lo scambio monetario e il lavoro salariato, esse non riuscirono ad andare oltre il capitalismo. Tuttavia questa aberrazione non fu il semplice frutto di un «tradimento», non più di quanto altre sconfitte furono il risultato di «errori strategici» o di «condizioni storiche» avverse. Laddove si pone la questione dello scacco delle rivoluzioni del passato, non si può ricorrere a dei «se» ipotetici – deplorando quali cause della disfatta ogni genere di fattore (capi, forme organizzative, idee fallaci, condizioni immature etc.) e dimenticando i movimenti rivoluzionari stessi, il loro contenuto determinato. È proprio sulla natura di tale contenuto che verte il confronto teorico che qui presentiamo.